cronache e opinioni

Parole e pensieri

La prima volta che mi sono avvicinata “seriamente” alla filosofia è stato due anni fa. Ricordo di aver trascorso l’estate con il latente ma vivido desiderio di scoprire questa disciplina…non sapevo a cosa andavo incontro in realtà. Poi mi accorsi che di filosofia ne avevo già sentito parlare, nel profondo di me stessa come nel partecipare alla vita di tutti i giorni.
In questi anni ho imparato che la filosofia non è un fatto elitario: filosofi possono esserlo tutti, non solo nella lettura di Sartre o Nietzsche ma nella problematicità del quotidiano, che poi non è molto diverso. Il discorso filosofico ha la straordinaria capacità di farsi meditazione solitaria e nel contempo esigenza di comunicare per mettere alla prova le idee, per condividerle e arricchirle, pur sempre mantenendo il suo rigore costitutivo.
La filosofia è sviluppo dello spirito critico e perciò può essere incarnazione stessa della democrazia, ed è proprio nel relativismo che essa trova il suo punto di forza. La debolezza stessa della democrazia nel mettere costantemente tutto in discussione e nel ricacciare qualsiasi premessa d’autoritarismo, non la preserva certo da periodi di crisi ma è il segreto della sua stessa sopravvivenza.
È connaturata nell’uomo l’esigenza di autodescrizione: abbiamo bisogno di sapere continuamente che cosa stiamo facendo e chi siamo, di etichettare il pensiero del nostro tempo per riconoscerci simili agli altri. È pur vero che gli uomini, ad un certo punto della loro storia, non sapevano più (o forse ancora non sanno?) che nome darsi. Tuttavia sarebbe più utile riconoscere in questa fame di idee una spinta forte verso modelli nuovi, piuttosto che connotarne l’assenza, anche perché l’uomo, di fatto, non ha mai smesso di pensare. Il progresso scientifico e tecnologico non ha intorpidito le menti, come molti sostengono, dal momento che ragionare è proprio questo: non permettere alle condizioni storico-politiche di travolgere ogni cosa, piuttosto trarne giovamento per rafforzare, rinvigorire e ammodernare l’arte del pensare. Che cosa sarebbe il pensiero se non fosse funzionale a risolvere taluni interrogativi nuovi? Come le acque del mare necessitano di una tempesta per preservarsi dalle putredine, così gli individui hanno bisogno di stimoli differenti e sempre nuovi per mantenersi svegli, attivi e producenti.
Allora nessuno stupore desterà l’accostamento della filosofia agli interrogativi che potrebbero sembrare scontati, come la vita stessa, la morte, l’amore: scontati, non banali. Banalità è altro, è stupidità, è ignoranza, pericolo dell’equivoco.
Allo stesso modo non desterà sospetto o diffidenza, neanche nei più conservatori, che il pensiero possa avvicinarsi alle altre scienze in un discorso multidisciplinare altamente produttivo. Viviamo nell’era dei “Grandi Fratelli” onnipresenti, della volgarità profusa in ogni dove e della distruzione, ma sarebbe errato condannare il nostro come il tempo dell’indifferenza.
J. P. Sartre in questo è maestro: l’uomo è chiamato a scegliere obbligatoriamente. Perciò non possiamo guardare al modo d’oggi come fosse qualcosa di distante, che non ci appartiene, perché è il nostro mondo, a nostra immagine e somiglianza. Troppo comodo pretendere di rimanere dietro un vetro d’illusione e distacco, d’insoddisfazione e lamento, puntando il dito contro gli altri. Se non mi ci sono sottratto, anche la guerra è una scelta, poiché essa non è mai generica ma è sempre la mia, la tua, o la sua guerra. Sarà per mollezza, sarà per noncuranza, tuttavia è sempre frutto di un atto di responsabilità; questo non vuole farsi un discorso colpevolista e moralista, sia mai! La necessità del pensiero è necessità di rincorrere il moto inarrestabile del mondo. Che il mondo possa rallentare non è pensabile, dunque tocca all’uomo trasformare il suo pensiero per adeguarlo al mondo e agli altri uomini.
Sarebbe saggio rinunciare alle vecchie pretese di racchiudere il mondo in una parola o pensare che l’uomo possa controllare tutto il creato. Bisogna accettare, senza nostalgie di sorta, un mondo che va sempre più emancipandosi dagli individui che lo abitano, senza dover considerare questo necessariamente come un male.

Claudia Piroddu
V C Liceo pedagogico

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