Nel mondo ogni otto minuti viene assassinata una donna. In Italia ne viene uccisa una ogni due giorni. Il 70% di questi omicidi avviene da parte di partner, mariti, ex compagni. Ma l’omicidio è “solo” l’apice della violenza, che in realtà inizia molto prima: parte da piccoli e apparentemente insignificanti comportamenti che progressivamente portano l’uomo alla convinzione di poter controllare e possedere la donna.
Proprio per questo motivo, gli incontri organizzati dalla Questura di Oristano durante il mese di aprile sono partiti dallo stalking: cos’è, come si manifesta, come evitarlo e difendersi. L’interesse suscitato ha però portato a estendere la discussione ad altri argomenti: la visione della donna all’interno della società; l’influenza di pubblicità, media e chiesa nella concezione comune della donna, e infine il femminicidio. Questo dibattito quindi ha introdotto gli argomenti dell’ultimo incontro (del 2 maggio), a cui hanno partecipato rappresentanti della Questura, del centro antiviolenza “Donna Eleonora”, della ASL, della Procura della Repubblica, e la scrittrice Michela Murgia. L’intervento di quest’ultima, che per certi versi è stato anche ironico e ha suscitato l’ilarità dei giovani e degli adulti, si è concentrato sulle modalità con cui i giornali raccontano questi episodi. Gli altri relatori hanno analizzato il tema della violenza dal punto di vista penale e socio-sanitario: l’intervento dell’uno ha completato quello dell’altro, creando un quadro quasi completo del problema, con riferimenti in particolare alla nostra provincia.
L’unico punto che non è stato approfondito abbastanza è quello della prevenzione: in una scuola come la nostra, composta per l’85% da donne, è forse l’aspetto più significativo. Ogni tipo di incontro che abbia come oggetto la violenza ci è sicuramente utile, ma sappiamo già di cosa si tratta; non sappiamo invece come evitarla continuando a sentirci libere, e come salvarci.
Una profonda analisi della violenza sarebbe magari più utile in una scuola frequentata soprattutto da maschi, dato che sono loro i potenziali colpevoli: l’educazione al rispetto di un essere diverso da loro, ma in fondo uguale, potrebbe essere un buon punto di partenza per il superamento di un così grave e assurdo problema culturale.
Camilla Secci, V A Linguistico 2012-2013